Nella nuova teatrologia, il teatro sociale è l’arte dei corpi che mira al benessere delle persone, dei gruppi, delle comunità. Cerca di unire la cura e il benessere della persona, in cui eccellono molti saperi come la medicina, la psicologia, le arti terapie, alla cura e al benessere dei collettivi.
Il teatro sociale come mezzo “veicolo”, direbbe Grotowski, subordina l’estetica all’etica. Rovescia il processo creativo per cui non è la vita per l’arte, ma l’arte per la vita. Riguarda tutti gli umani, non solo i professionisti dello spettacolo.
Il teatro sociale è nato e si sviluppa nell’ambito del disagio e del malessere ma non racconta e non mette in scena drammi e storie di disabili, detenuti, malati mentali, stranieri, periferie abbandonate, anziani, profughi, donne con disturbi alimentari, perché non è psicodramma, ma bensì offre uno spiraglio per uno stato di benessere in una dimensione di gruppo, di comunità che si incontra e agisce insieme; non vuole essere il teatro della rappresentazione ma bensì dell’altro, il teatro dell’azione.
Citando Grotowski, fondatore del pensiero di teatro sociale: Il teatro non è indispensabile, serve a superare i confini tra te e me.
Massimiliano Bozzoni
Formatore di teatro sociale e di comunità